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  • Immagine del redattoreWilliam H. Ribera

A proposito del "blocco dello scrittore"...

Aggiornamento: 3 mag 2019

Quando scrivo, l'emozione dominante è la frustrazione.

Eppure, scrivere è ciò che più mi piace fare al mondo.

La coesistenza di quest'oscurità stancante e di questa luce così rassicurante crea l'ambiente necessario alla mia mente per creare luoghi sconosciuti e ancora meglio, nuove trame fitte come tele di ragno. Non riesco a smettere di pensare ai "se" e ai "ma" che costruiscono da soli realtà oniriche ed alternative, ma le idee a volte sono così tante che non riesco a metterle tutte su carta prima che di dimenticarle... per questo, la metà svanisce ancor prima di pensare a cosa scrivere.

Spesso capita dunque che mi faccia visita un vecchio amico: il blocco dello scrittore. 


Ultimamente ho passato un pessimo periodo per la scrittura proprio per questo motivo: non riesco a scrivere. O meglio, scrivo, ma nulla di quanto metto per iscritto mi risulta gradito, o almeno gradevole. Le parole scorrono come melassa, i personaggi mi sembrano forzati nonostante descriva le scene esattamente come le immagino, le situazioni mi paiono improvvisamente scontate. Le idee ci sono, ma l'azione dello scrivere è diventata infruttuosa e più frustrante che altro.

Quando ho pubblicato il mio primo romanzo mi sono sentito alleggerito, ma anche malinconico: era come un pezzo di me che se n'era andato, volato via dal mio metaforico nido mentale. Era cresciuto, ed era diventato così grande che avrebbe potuto cominciare a vivere nel nido mentale di qualcun altro; chiunque abbia letto "Soffitti Sconosciuti" custodisce con cura quel pezzettino di me.

Eppure, in questo periodo non riesco a ritrovare quel pezzo di me che desidero condividere: non ne ho le energie. C'è chi dice che scrivere è creare, ma per me scrivere è tagliare, separarmi da una parte di me e lasciare che cresca, guidata da me quanto da se stessa, perché poi un giorno non troppo lontano possa abitare altrove e crescere da sé, con il solo tramite del testo ormai scritto.

Non ne ho le energie ultimamente: il testo non cresce, io ho l'impressione di essere invischiato e fermo, incastrato in una via senza uscite.


E proprio in questi momenti, l'unica soluzione è staccare.

Non solo la spina, ma proprio la testa: quando la mente non riesce a fermarsi, piena di ansie e preoccupazioni e perché no, anche di idee, l'unica soluzione è poggiare la penna sul tavolo e prendere una boccata d'aria.

Ci sono scrittori molto prolifici che suggeriscono di scrivere anche quando si è in blocco, giusto per non perdere l'abitudine; questo consiglio è particolarmente efficace per quei blocchi di qualche settimana che lasciano spesso il posto ad un rinnovato senso di avere uno scopo, ma nel caso di blocchi più duri e duraturi l'unico consiglio valido può essere quello di fermarsi, prendere un bel respiro, e fare una passeggiata.

Quello che mi aiuta è anche confrontarmi con degli amici che con la scrittura hanno poco o nulla a che fare, in modo da avere punti di vista che mai avrei neanche immaginato potessero esistere; e spesso quei consigli si rivelano più validi di quelli di gente ben più informata sulla scrittura e sui processi creativi.

In conclusione, non ho vere soluzioni al blocco dello scrittore... so solo che prima o poi passa, e si ritorna a scrivere come – se non meglio di – prima.

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